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Le visioni di Nemrac (DFF edition) – Hasta la vista

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Data di pubblicazione 11 Luglio 2021
Tempo di lettura Lettura 5 minuti
Hasta la Vista

HASTA LA VISTA: SULLA STRADA VERSO EL CIELO

“Mammuth si dice allo stesso modo in fiammingo ed in francese”

Philippe, Lars e Josef sono amici da molto tempo, la loro complicità si è intrecciata e consolidata negli anni, hanno attraversato giorni facendo dello svago il colore delle loro giornate, della solitudine uno spettro da scacciare, tra una degustazione ed una giornata all’osservatorio astronomico. Ci sono stati giorni spensierati e giorni in cui le brutte notizie giungevano a sfumare giornate già incerte di futuro, momenti in cui l’unica soluzione si è rivelata in un abbraccio stretto senza parole, in una prossimità che è consapevolezza di incrollabile presenza reciproca.

Lars convive con un cancro che lo ha portato a vivere sulla carrozzina, Josef è un ipovedente con in tasca la lente di ingrandimento per leggere con attenzione la carta dei vini e per tutti i casi in cui l’audiodescrizione si rivela limitante. Philippe, naturale leader della triade, convive con una tetraparesi spastica che lo ha privato della mobilità di braccia e gambe, compensata con olfatto e palato ultrasensibili.

Tutti vivono a fianco di genitori che hanno plasmato le loro vite sulle necessità dei figli e che, quando questi annunciano il loro piano di voler intraprendere un viaggio lungo la strada del vino (Belgio – Francia – Spagna), concordano un periodo che incastri gli impegni delle tre famiglie come farebbe una tribù nomade pronta a migrare compatta al fine di preservare la comfort zone di cui sono materia il conosciuto e le abitudini.

I ragazzi, infatti, hanno intenzione di partire da soli, o meglio insieme, senza le loro famiglie. Clod sarà la loro autista che si rivelerà una guida esperta contro le inconsapevoli insidie delle prime volte, ovvero gli imprevisti che il coraggio di voler sperimentare ed un pizzico di incoscienza tengono lontani dalla pianificazione consapevole di chi ha particolari necessità per affrontare la quotidianità.

I quattro partono non con i migliori auspici: il percorso e la mappa tracciata da Philippe sono l’unica guida, la stella polare di un cielo sconfinato di possibilità. Gli amici si scoprono pieni di pregiudizi anzitutto nei confronti di Clod, che non si indispone mai rispetto il suo ruolo di facilitatrice ma, d’altra parte, non si farà bistrattare per via delle sue apparenze non conformi.

Nei giorni le cose si complicano e le questioni cui il viaggio sottopone i protagonisti li porta a rafforzare la complicità con Clod, un’intesa suggellata definitivamente dallo svelamento del vero scopo del viaggio: visitare El cielo un bordello che accoglie persone con disabilità.

Con la scoperta, anche da parte di Clod, della vera destinazione del viaggio, la storia cambia registro. Il viaggio, come spesso accade nei road movie, è il vero cuore del film, il percorso più importante della destinazione, rivelandosi lo strumento che illumina i veri limiti (tutt’altro che unicamente fisici) dei protagonisti: l’andare verso un obiettivo è un test di determinazione e prova della forza di un legame nato dalla possibilità di compensare i reciproci deficit. Il viaggio diviene esperienza e sperimentazione di posti ed abitudini nuove, di gusti e piaceri sconosciuti che diventano nuovi ingredienti per una Vita più piena.

Fin qui il film di Enthoven sembra non fare una piega: si traveste di “politicamente scorretto” per affermare limpidamente la linearità di una realtà che non deve essere discussa. I genitori oppositori di una libertà illimitata solo sulla carta, la malattia che fa del viaggio una questione vitale, il raggiungimento della Mecca del Sesso che coincide con l’esaudimento del desiderio di uno, ed al contempo declina almeno quattro varianti (uno per ciascuno dei protagonisti).

Hasta la vista inizia con le inedite intenzioni di presentare una reale possibilità di intimità e sessualità concreta per i protagonisti, finendo per deludere per l’ennesima volta lo spettatore più emancipato che sperava di veder raccontato (concretamente e non solo per evocazione) il momento topico di quando una relazione si connota, ovvero assume caratteristiche precise.

Nemmeno stavolta siamo di fronte ad una storia che, ad un certo punto, prende coraggio e parola mostrandoci cosa può accadere dietro ad una porta che si chiude, ovvero il momento in cui la dissolvenza in nero può non essere l’unico espediente filmico per raccontare la riuscita di un incontro intimo.

La dissolvenza è ancora una volta l’espediente complice nel racconto di qualcosa che solo l’immaginazione dello spettatore ha il diritto di immaginare senza poterlo sperare possibile. Il film di Enthoven è l’ennesima prova del fatto che il cinema mainstream prova ad immaginare una realtà dove tutto potenzialmente è accessibile a tutti (realtà come El cielo esistono) ma di fatto sono i protagonisti, tanto quanto il resto del Mondo, a dimostrarsi immaturi nel gestire le umane relazioni alla pari, figuriamoci fare del sesso.

Tristemente, Hasta la vista testimonia quanto il vero problema non sia l’accesso alla sessualità da parte delle persone con disabilità, piuttosto una questione culturale, a monte, di marginalizzazione o esclusione del diverso, più sottilmente di ciò che è considerato socialmente non conforme.

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