Le visioni di Nemrac (DFF edition) – Beacuse of my body

because of my body

di Carmen Riccato

BECAUSE OF MY BODY : la regola dell’incontro imperfetto NON è un corpo a corpo 

Because of my body è stato il film di chiusura dell’edizione 2021 di Cinemability, festival che con le sue proposte di visione vuole sensibilizzare sul tema della disabilità, i cui premi saranno assegnati (alla presenza di Saverio Tommasi, ndr) il prossimo 7 luglio.

Il film di Francesco Cannavà, già presentato al Biografilm 2019 è un lavoro su cui ho già accennato le mie riserve alla fine della mia analisi su Special. Quella che segue, più che una recensione sul film sarà una riflessione sullo stato attuale delle implicazioni culturali che film come Because of my body hanno sul nostro immaginario di umani spettatori.

Because of my body è la storia di Claudia, giovane ventenne dai capelli blu alle prese con una decisamente pionieristica scoperta del proprio corpo quale strumento di relazione per la prima volta nella sua vita. Definisco il corpo della protagonista in questo modo perché fino all’incontro con Marco, fresco di formazione da operatore Oeas (Operatore all’emotività, all’affettività e alla sessualità: il primo protocollo del nostro paese nell’ambito dell’educazione emotiva-affettiva sessuale rivolto a persone disabili), Claudia conosceva il proprio corpo solo in relazione alla propria disabilità motoria e al fatto d’avere la spina bifida. La vediamo per ben due volte, durante la sua lunga presentazione nella prima parte del documentario, destreggiarsi di prima mattina con le parti del catetere, aiutata dalla madre tanto quanto dopo una sessione di nuoto. Una parte non ultima di un lungo processo di vestizione per affrontare il fuori.

Il corpo di Claudia è vissuto dalla ragazza stessa come qualcosa di ingombrante, non per forza da nascondere ma qualcosa per il quale provare imbarazzo, percepirlo come altro da sé e prima causa di allontanamento non solo di potenziali partner. Più il film prosegue, più dubitiamo di questo, cominciando a coltivare il dubbio che le criticità di Claudia riguardino più in generale l’ambito relazionale in accezione allargata. Claudia vive con la propria famiglia d’origine, convive con perenne frustrazione l’impossibilità di vivere la propria emotività ed il proprio desiderio liberamente, incompresa dalla famiglia incapace di accettare la maturazione psicofisica della figlia-sorella.

Prova di questo aspetto del contesto familiare della protagonista è, soprattutto, il rapporto di co-dipendenza con la madre, che ancora la porta in spalla nella scala che separa i piani interni della casa. La donna non è mai divenuta realmente consapevole del fatto che la figlia stia diventando adulta e che il bisogno di supporto per espletare le funzioni primarie non debba essere un ostacolo alla propria autonomia ed emancipazione. Il desiderio represso di socialità ancor prima che sessuale di Claudia, unito alla limitatezza culturale della propria famiglia, le fa apparire l’offerta di sperimentare la conoscenza del proprio corpo grazie a Marco , l’unica possibilità di uscire dalla propria prigione in cui la disabilità è tutt’altro che l’unico elemento escludente della sua quotidianità.

Da spettatori diveniamo testimoni degli assidui incontri tra Marco e Claudia, la quale inevitabilmente finisce per infatuarsi senza troppa premeditazione del primo ragazzo che le dimostri per la prima volta pazienza nell’ascoltarla alimentando la curiosità della ragazza. Fin qui tutto bene, poi qualcosa si spezza quando il terapeuta che supervisiona il percorso di Claudia la avverte che l’affezione e l’attaccamento della ragazza non è tra le possibilità previste dal protocollo, con la disinvoltura di una lista di ingredienti necessari a fare una buona torta. Scusate, ma chi scrive è stata abituata da sempre a conoscere le regole del gioco prima di cominciare a giocare per potersi armare in caso di imprevisti o nel caso incappasse nella casella “RITORNA A START” del Gioco dell’oca, giusto per citare il primo gioco che mi viene in mente.

Per Claudia così non è stato e, di lì in poi, il film si trasforma in un atto di crudeltà che brucia tutte le sue possibilità di ribaltare i pochi e pessimi luoghi comuni che esistono sulle persone con disabilità e il loro “universale” approccio alle relazioni al di fuori del contesto familiare: un approccio fatto di passività in cui si subisce il partner nella misura in cui si è inesperti in fatto di relazioni affettive. L’unica cosa che si riesce a provare per una persona che dimostra attenzione è l’amore, preferibilmente eterno.

Naturalmente, quest’ultimo ritratto è volutamente caricato ed ironico sulla rappresentazione del personaggio disabile represso proprio per portare la riflessione anche su un piano diverso. La storia di Claudia è certamente quella di altre ventenni con disabilità che vivono in un contesto familiare povero di stimoli e, d’altra parte, la formazione e la disponibilità di Marco a mettere in gioco le sue conoscenze sono strumenti utili a sbloccare Claudia nel suo percorso di emancipazione puntando i riflettori su un ambito relazionale inesplorato e pieno di tabù. Tuttavia, quella presentata dal film non può restare l’unica risposta ad una questione così sfaccettata.

Chi scrive ha trovato il lavoro di Cannavà certamente coraggioso nell’impavida volontà di cimentarsi in un ambito ancora oscurato dal politically correct oltre che dalla morale non laica imperante, necessario a sdoganare l’urgenza di discutere questi temi e trovare soluzioni ad un’urgenza figlia di un umano istinto alla socialità. D’altra parte, Because of my body si dimostra cinematograficamente non all’altezza del compito nel suo modo di mettere in discorso il vuoto che è il motore della narrazione.

Chi scrive sostiene questo perché non riesce mai ad empatizzare con la protagonista ed il suo desiderio di relazionarsi, ma ne percepisce continuamente l’immaturità, si  diviene complici della sua rabbia e della sua frustrazione finendo per provare la stessa compassione che provano tutte le persone che le ruotano intorno e che si approcciano alla sua storia senza immaginare che altre strade esistano e sono percorribili. Le alternative a cui pensa chi scrive non sono sentieri in discesa, senza sofferenza o fatica certamente, ma questo è anche forse ciò che accomuna tutte le relazioni che insegnano e fanno crescere. Nessuna esclusa.