Un sismogramma più che un bilancio. Così il sociologo Ciro Tarantino definisce il nuovo dossier Aspetti e aspettative della riforma della disabilità, da lui curato insieme a Massimiliano Verga e pubblicato sull’ultimo numero della rivista Sociologia del diritto. Un’immagine potente, che restituisce la natura profonda dell’indagine: non una mera analisi dei testi legislativi, ma un’esplorazione delle forze – spesso contrastanti – che li hanno generati. Il dossier è consultabile liberamente online e offre uno sguardo critico sui primi effetti della Legge Delega 227/2021 e sui tre decreti legislativi finora emanati.
Oltre il testo: le tensioni della riforma
Il lavoro, che si avvale anche dei contributi di Daniele Piccione e Cecilia M. Marchisio, si concentra sui nodi centrali della riforma: la definizione della disabilità, la valutazione di base, l’accomodamento ragionevole, il progetto di vita individuale e la figura del Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità. Ma l’intento non è quello di “commentare” la normativa. Gli studi contenuti nel dossier, sottolinea Tarantino, sono “un’indagine sulle tensioni che la animano”.
Proprio per questo il dossier si configura come una tappa di un percorso ancora aperto. Infatti, la Legge Delega prevede che entro 24 mesi dall’entrata in vigore dei decreti possano essere adottati provvedimenti correttivi. È in questa fase ancora fluida che il dossier si inserisce: per alimentare il dibattito e spingere verso un’attuazione che sia realmente in linea con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Il nodo del progetto di vita
Il tema più caldo, anche dal punto di vista del dibattito pubblico, è quello del progetto di vita personalizzato e partecipato previsto dal Decreto Legislativo 62/2024. È stato questo il primo punto a scatenare le reazioni delle persone con disabilità, specialmente dopo l’annuncio del rinvio della sua applicazione al 1° gennaio 2027.
Non è un caso: come osservano Tarantino e Marchisio nel loro saggio Gli spiriti della legge, proprio il progetto di vita è lo strumento con l’impatto più diretto e quotidiano per chi vive con una disabilità. Ma la norma, rilevano, si muove in una tensione ambigua tra una spinta all’autodeterminazione e una deriva che lascia ancora spazio – troppo – all’istituzionalizzazione. Una contraddizione profonda rispetto ai principi della Convenzione ONU, che impone invece di lavorare per superare il modello segregante delle strutture residenziali.
Il Garante e i limiti della tutela
In questo contesto, assume un ruolo chiave anche il Decreto Legislativo 20/2024, che istituisce l’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità. A questo organismo è affidato, tra gli altri, il compito di vigilare sul rispetto dei diritti fondamentali e di contrastare ogni forma di segregazione.
Ma il dossier avanza un dubbio sostanziale: può davvero il Garante supplire alle carenze normative? Non dovrebbe, piuttosto, essere la stessa architettura della riforma ad affermare con forza e coerenza il principio di deistituzionalizzazione? Aspettare che il Garante intervenga per impedire che una persona sia costretta a vivere in una struttura contro la propria volontà significa ammettere che il sistema, così com’è, lascia aperta una porta a violazioni sistemiche.
Le parole (e i soldi) della disabilità
Il contributo di Massimiliano Verga Le parole della disabilità e la “valutazione di base” mette in evidenza ulteriori incoerenze. Sul piano linguistico, ma anche – e forse soprattutto – su quello economico. Se da un lato l’unificazione delle procedure valutative, affidata all’INPS, è un passo avanti verso una maggiore semplificazione, dall’altro il dossier denuncia che i costi di questo nuovo assetto saranno coperti attingendo al Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità. Una scelta che rischia di sottrarre risorse preziose agli interventi diretti a beneficio delle persone, dirottandole sul funzionamento della macchina amministrativa.
Un cantiere ancora aperto
Come emerge chiaramente dal dossier, la riforma della disabilità è ancora un cantiere aperto. Ma non per questo il confronto può restare confinato agli addetti ai lavori. È essenziale che le persone con disabilità, le loro famiglie, le associazioni, i giuristi e i cittadini attivi prendano parola, pretendano coerenza e chiedano che i principi della Convenzione ONU non restino lettera morta.
Perché se è vero che ogni riforma è il prodotto di equilibri, compromessi e visioni differenti, è altrettanto vero che quando si parla di diritti fondamentali non si può accettare che l’ambiguità diventi norma.
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