Marco Petruzzella, autore e paroliere indipendente, presenta il suo nuovo progetto musicale “Fermate la Campanella”, un brano nato come poesia dedicata a suo figlio e poi trasformato in una canzone capace di toccare corde universali. Non si tratta soltanto di un lavoro artistico, ma di un manifesto che porta la voce della disabilità dentro i luoghi della musica, ribadendo che questo linguaggio deve essere accessibile a tutti e tutte, senza barriere fisiche o culturali.
I versi iniziali creano subito un’atmosfera intima e intensa:
“Non trascorri notti insonni dentro ai boschi con i lupi,
Non ti arrampichi sul monte per guardare più lontano.
Gli scenari all’orizzonte tu lo sai che sono cupi.
Se mi perdo ti ritrovo fiero a stringermi la mano.”
È una metafora potente della protezione, della resilienza e del legame tra padre e figlio, ma anche un filo che unisce il tema familiare alla lotta quotidiana contro le difficoltà. Il testo mescola poesia e ribellione, mostrando come la musica possa farsi spazio di rabbia, dolore e speranza allo stesso tempo.
Tra simbolismo e denuncia
La forza di “Fermate la Campanella” risiede nella sua intensità emotiva e nella capacità di utilizzare immagini dal forte impatto simbolico. La “campanella”, di solito associata a inizio e fine, diventa qui un elemento disturbante: un segnale che interrompe, che impone regole e routine spesso incapaci di rispettare le necessità individuali.
Il brano non si limita alla poesia, ma denuncia apertamente la realtà di chi convive con la disabilità. Nei versi “Sei il robòt che fa la guerra con i fischi e con gli sputi”, Petruzzella racconta una battaglia quotidiana fatta di pregiudizi, discriminazioni e isolamento. La scelta della parola “robòt” richiama l’idea di una disumanizzazione che riduce l’individuo a qualcosa di meccanico, costretto a difendersi senza tregua.
Il ritornello è un grido di ribellione:
“Fermate, stoppate, sparate
A quella cazzo di campanella.
Fermate, uccidete, smontate
Quella cazzo di campanella.”
L’uso di verbi forti, martellanti, e la ripetizione ossessiva conferiscono al brano una tensione liberatoria, un invito a spezzare schemi e convenzioni sociali che limitano l’inclusione.
L’autore costruisce un immaginario ricco di riferimenti mitologici e visionari: Shiva che “distrugge la morte”, destrieri che proteggono dall’alto, cavalieri antichi che combattono senza paura. In questo universo simbolico, la lotta personale diventa rito collettivo, un atto di resilienza e coraggio. È la musica stessa a trasformarsi in arma: “Con la musica bruciamo questi demoni bastardi”.
Il brano si chiude con un’immagine che è insieme amara e luminosa: “E la vita torna nostra ma non è mai proprio quella.” Qui emerge l’idea di rinascita: la consapevolezza che, nonostante le difficoltà, è possibile costruire una nuova vita, diversa ma autentica, in cui la musica e l’arte diventano strumenti di identità e libertà.
Inclusione e accessibilità nella musica
“Fermate la Campanella” non è rimasto inosservato. È già stato accolto positivamente dalla scena musicale indipendente, trovando spazio su Rock’n’Roll Radio di Milano e su Pancadeka. A luglio 2025, il brano ha inoltre ottenuto il Primo Premio al Campidoglio nel concorso Letteratura Contemporanea Editoria, confermando la forza del messaggio e l’originalità del progetto.
Oltre al riconoscimento artistico, la canzone si impone come manifesto di inclusione. La musica diventa un luogo aperto, un terreno comune dove ognuno può trovare spazio e voce. Nei versi:
“Con la musica bruciamo questi demoni bastardi / Con il rock uccideremo ciò che ferma l’avventura”,
emerge chiaramente il cuore del messaggio: la musica ha il potere di abbattere barriere, superare limiti e trasformare il dolore in speranza.
Marco Petruzzella dimostra così che la musica non è soltanto intrattenimento, ma uno strumento concreto per dare voce a chi troppo spesso rimane inascoltato. “Fermate la Campanella” diventa allora più di una canzone: è un atto di coraggio, una denuncia sociale e un inno all’inclusione che invita tutti a guardare oltre le apparenze e ad aprire le porte a un futuro più equo e consapevole.
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