Nel cuore di Torino, dove la passione per il calcio si intreccia con il tessuto sociale della città, prendono vita due delle iniziative più significative nel panorama sportivo italiano: Juventus ONE e Insuperabili, progetti che rappresentano un vero e proprio cambio di paradigma nel rapporto tra sport e disabilità. Le due realtà si sono presentate ieri mattina al Salone del Libro, mostrando come al centro di questa trasformazione ci siano storie, volti e percorsi di persone che vogliono semplicemente giocare a calcio e di altre persone che si impegnano per garantire l’accesso allo sport più popolare al mondo.
L’impegno di Giorgio Chiellini
A raccontare l’inizio di queste avventure è stato Giorgio Chiellini, ex capitano e ora dirigente della Juventus, che da diversi anni ha sposato la causa del calcio praticato da persone con disabilità: «Mi sono avvicinato agli Insuperabili perché quei ragazzi avevano bisogno di una mano, soprattutto dal punto di vista economico» ha ricordato. Con Davide Leonardi e Attila Malfatti, fondatori del progetto, Chiellini ha poi iniziato un percorso fatto di crescita che ha portato allo sviluppo di ben 18 Academy in tutta Italia, con un impatto crescente nel panorama paralimpico nazionale.
Il progetto del calcio paralimpico è stato poi “importato” anche nella Juventus: «La società che ho ritrovato da dirigente è un club che vuole guardare oltre e che crede nell’inclusione come valore centrale» ha aggiunto. E proprio in quest’ottica è nato Juventus ONE, un progetto che «pur non facendo segnare un gol in più la domenica alla prima squadra, è in grado di lasciare un segno profondo nella società e sul territorio».
Juventus ONE: oltre il calcio
Come ha spiegato il dirigente responsabile Marco Tealdo, Juventus ONE è molto più di una semplice iniziativa sportiva, ma è un luogo dove «il pietismo e l’abilismo sono aboliti», dove le persone con disabilità non vengono viste come “poveretti”, ma come atleti a tutti gli effetti con sogni, ambizioni e la voglia di mettersi in gioco.
Oggi le ragazze e i ragazzi coinvolti sono 120, suddivisi in 7 squadre e seguiti da 39 professioniste e professionisti tra tecnici e tecniche, educatori ed educatrici e staff medico. Tra i tanti aspetti che fanno del calcio uno sport all’avanguardia, uno dei più importanti riguarda anche la crescita personale e collettiva: «Il vero scudetto è dar vita a un cambiamento culturale, in cui la disabilità non sia più vista come un limite, ma come una delle tante possibili condizioni della vita» ha chiosato.
Il sogno degli Insuperabili: una Coverciano del calcio paralimpico
Davide Leonardi, presidente degli Insuperabili, guarda al futuro con determinazione: «Abbiamo due progetti centrali: uno formativo per espandere il nostro modello in Italia e all’estero e uno più ambizioso: creare la nostra casa, la Coverciano del calcio paralimpico» ha dichiarato. L’idea riguarda la realizzazione di un centro sportivo a Torino interamente dedicato all’allenamento, alla formazione e alla promozione di calciatori con disabilità.
Il sogno non è solo tecnico, ma anche culturale. Come affermato da Leonardi, infatti, «nella disabilità non c’è nulla di speciale, ma solo la voglia di vivere il quotidiano in modo concreto e dignitoso».
Torino: una città fertile per l’inclusione
Anche l’amministrazione comunale di Torino, rappresentata dall’Assessore allo Sport Mimmo Carretta, sostiene con forza questo tipo di iniziative: «Torino è una città che lavora per ridurre la casualità e creare condizioni strutturate di inclusione» ha dichiarato. Oltre 26 milioni di euro sono stati investiti per migliorare il patrimonio sportivo cittadino, con interventi mirati all’abbattimento delle barriere architettoniche e alla creazione di spazi accessibili a tutti: «Dobbiamo fare ancora di più – ammette Carretta – ma il nostro DNA è fatto di parole semplici come accoglienza, orgoglio e capacità di stupire. E questo ci rende terreno fertile per iniziative come Juventus ONE e Insuperabili» ha concluso.
Un modello virtuoso
Juventus ONE e Insuperabili rappresentano un modello virtuoso di come lo sport possa trasformarsi in un potente strumento di cambiamento sociale. Torino, a proposito, si conferma laboratorio d’eccellenza, ma l’ambizione è quella di portare queste buone pratiche in tutta Italia.