Le visioni di Nemrac (DFF edition) – Sulla stessa onda

di Carmen Riccato

SULLA STESSA ONDA: QUANDO LA DISABILITA’ E’ UN DETTAGLIO (IN)SIGNIFICANTE 

Forse presto non camminerò più
Aspetta ora non correre troppo…oddio scusa.
Stasera c’è una festa, vengono anche i ragazzi di vela ci sarà anche Lorenzo, vieni?

Che senso avrebbe?

Sarò sincera: questa settimana volevo proporvi un cult che ha cambiato prospettiva sulle peculiarità di chi è detentore di un sguardo singolare – nell’accezione più identitaria che riuscite ad immaginare – ma dovrete avere ancora un po’ di pazienza perché sono stata tentata dalla copertina dell’ultimo numero di Film Tv e mi sono imbattuta in Sulla stessa onda di Massimiliano Camaiti uscito qualche giorno fa su Netflix.

Lo ammetto, ero convinta di trovarmi dentro un teen movie “classico” come anticipava il sottotitolo, ma come mi capita spesso da quando lavoro a queste recensioni mi sono imbattuta in una protagonista con disabilità, nello specifico una sedicenne con distrofia muscolare.

Procediamo con ordine: è la storia di Sara giovane palermitana che frequenta, a Favignana, un corso estivo di vela. Tra gli assistenti del docente c’è Lorenzo giovane promessa della squadra italiana.

Si conoscono, la sera dell’arrivo degli allievi, durante un falò in spiaggia, con Sara che afferra il suo coraggio come si agganciano le bretelle della salopette e salta oltre le fiamme in una prova della propria determinazione verso se stessa piuttosto che in un gesto d’esibizionismo.

Lorenzo vede il fuoco in quegli occhi, quella ragazza ha qualcosa che gli rapirà i pensieri e toglierà le parole; anche lei, nel silenzio guardingo di lui, legge qualcosa in più della timidezza. Il ragazzo la guarda come per conoscerla e Sara sembra avvertirlo.

Rientrata a casa dopo il corso, Sara avverte nuovi crampi alla gamba destra: ne parla al suo medico curante, che non ha dubbi sul conclamarsi della distrofia diagnosticata precocemente tre anni prima e finora rimasta latente. Tra i suoi pari, l’unica a sapere della sua malattia è la migliore amica e, quando Lorenzo si presenta all’uscita di scuola già il primo giorno, Sara capisce che non rispondere ai suoi messaggi per non dovergli svelare il suo segreto sarà tutta fatica sprecata.

Lorenzo, dal canto suo, non perde tempo e condivide la sua fragilità più grande con lei praticamente alla seconda uscita: il dolore per la prematura scomparsa di sua madre è un sentimento così potente che le parole sono inutili, mentre la prossimità e la presenza sembrano valide alleate della nascente complicità.

Sara non può e non vuole sottrarsi all’interesse di Lorenzo, dividendosi tra la scuola, la fisioterapia e le apprensioni dei genitori che quotidianamente fanno i conti con l’aspetto degenerativo della malattia, fino al giorno in cui una crisi non porta al ricovero di Sara. La malattia di Sara ha preso velocità e il sentimento che lega i due ragazzi si trasforma in una corsa contro il tempo perché il loro reciproco primo amore resti qualcosa di indimenticabile.

Il film di Camaiti è, di fatto, un teen movie classico, lineare e prevedibile tranne che nel finale, inatteso ed insieme scontato a livelli estremi. L’unico ingrediente che poteva scuotere il come della storia stessa, ovvero la diversità di Sara in primis congiunta alla non allineata virilità di Lorenzo, vengono trattati come aspetti non significanti, non caratterizzanti i personaggi. La malattia di lei e la sensibilità di lui in qualche modo dovrebbero disegnare il loro modo peculiare di affrontare il Mondo, forse la loro diversità essere ciò che li avvicina spontaneamente all’inizio rendendoli poi complici nella loro passione.

Il decorso della malattia è talmente fulmineo diegeticamente da non offrire il giusto spazio alle implicazioni delle diversità di entrambi. Per agire sulla relazione tra i protagonisti, anzi, separa per paura e poi riunisce quasi per inevitabilità, senza che i modi di essere dei protagonisti conducano in alcuna direzione.

Una storia d’amore che galleggia in superficie senza neppur riuscire ad essere metafora del suo stesso titolo, la fisicità al minimo e l’autenticità del sentire delegata ad una bellissima canzone in sottofondo (già usata con pari intento in un altro teen movie “all american way”).

Che Sara sia distrofica e Lorenzo reso maturo dal vuoto lasciato dalla madre sembra non avere importanza: ma allora perché donargli così pregnanti caratteristiche se non offrono un percorso esperienziale allo spettatore?

Fatemi sapere la vostra.