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Le visioni di Nemrac (DFF edition) – Crip Camp

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Data di pubblicazione 12 Maggio 2021
Tempo di lettura Lettura 4 minuti
Crip Camp

CRIP CAMP: TI PIACEREBBE VEDERE I DISABILI TRATTATI COME PERSONE?

“Se sei una persona disabile e ti capita di avere un carattere passivo, sei fottuto”

“Persone che non accettino un no come risposta […] se non ti rispetti per primo e non chiedi ciò che pensi di meritare non l’otterrai mai”

 

Quando inizia questa storia, la voce narrante (che è anche uno dei protagonisti, ndr) ti mette in guardia subito con il racconto di qualcosa che ha cambiato il mondo ma che nessuno conosce. Così, Jim LeBrecht comincia dall’inizio, dà sé e dalla sua spina bifida, dalla prima elementare iniziata per prova e dagli insegnamenti informali di suo padre nel cercare gli altri senza aspettare che siano gli altri ad iniziare. Ci sono i suoi quindici anni e il suo primo viaggio in autobus, lungo tre ore, verso le montagne per raggiungere Camp Jened, il primo campo estivo per disabili gestito da hippie.

A ricordarlo ora, a cinquant’anni di distanza, qualcuno lo ricorda come il sogno (realizzato) di stare a Woodstock essendo geograficamente altrove: la libertà d’essere adolescenti con desideri ed attrazioni comuni all’età che si attraversa o, d’altra parte, di vincere la paura della diversità solo essendone circondato dopo aver accettato di fare l’assistente come un lavoro estivo.

A Camp Jened si può fare tutto, si è liberi di provare tutto accettando le conseguenze (persino del prendersi le piattole) dell’inizio o il prosieguo del divenire consapevoli della propria possibilità d’esser autonomi. È la scoperta della coesione, della reciprocità e del mutuo aiuto, del dissentire, dell’essere in disaccordo, la possibilità di sbagliare senza essere giudicati.

A raccontarlo così, qualcuno potrebbe pensare a Camp Jened come un paradiso in Terra, altri come l’ennesimo ghetto in cui l’accomunare tanti diversi insieme finirà per separarli dal Mondo. Tuttavia, quando nel pieno degli anni Settanta nasce il CIL (Centro per la Vita indipendente) a Berkley, persino lo spettatore più ottuso si deve ricredere. Il direttore e il gruppo di testa di questa realtà finiscono per promuovere l’autonomia come atto del chiedere aiuto consapevolmente riguardo i propri bisogni, per non dover subire le politiche pubbliche da parte di chi non vive il problema. I promotori del CIL, tra cui lo stesso Jim e Judy Heumann, sono gli stessi adolescenti partecipanti al campeggio, che nel 1973 si ritrovano ad essere le sentinelle vigili a seguito dell’approvazione della legge contro la discriminazione nei confronti delle persone disabili.

Con l’elezione di Carter alla presidenza degli Stati Uniti, l’assegnazione di Califano al Ministero del Welfare e le lobby che facevano pressioni affinché la legge contro le discriminazioni rimanesse solo un pezzo di carta, nel 1977 i disabili radicali (già fondatori del movimento nazionale Disabled in Action a tutela dei diritti civili) occupano l’ufficio del ministero della Salute a San Francisco,  facendo della sezione 504 della legge la sintesi di tutte le loro rivendicazioni.

Il sit-in durerà 28 giorni: con l’aiuto di persone comuni, di esponenti delle Black Panther e dei trasportatori del sindacato dei camionisti, Judy e i leader del sit-in riusciranno ad arrivare a Washington per testimoniare la sottoscrizione proprio della sezione 504 per cui la protesta era iniziata. Si sa, niente dura per sempre: le conquiste con tale peso specifico, spesso, finiscono per diventare pesantissimi aghi di una bilancia in cui l’equilibrio sembra l’Utopia più inafferrabile.

Raccontato attraverso filmati amatoriali d’epoca a Camp Jened e durante il sit in di San Francisco, Crip Camp raccoglie, attraverso interviste ed home movies, testimonianza di come tutte le rivoluzioni e gli epocali cambiamenti abbiano origine da un desiderio di reciprocità ed inclusione unitamente alla condivisione di similitudini nell’essere etichettato socialmente diverso.

È difficile raccontare di Crip Camp non potendo neppure accennarvi alle storie delle persone che hanno fatto e continuano a fare Storia di una normalità possibile, in cui essere invisibili o normali non significhi non essere visti ma avere la possibilità di rivendicare i propri bisogni senza che questi rappresentano un ostacolo alla propria realizzazione di cittadino e persona.

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